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Valiant Hearts: The Great War

Valiant Hearts: Quando la Storia si mette in gioco

Docenti e sviluppatori dibattono sul tema videogiochi e storia, durante una tavola rotonda all'Università degli Studi di Milano. Finalmente.

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E' da meno di quindici anni che i game studies - quella disciplina che si occupa di analizzare il medium videoludico nella sua interezza e in rapporto con la società/la cultura contemporanea - sono riusciti a ritagliarsi un proprio spazio in ambito accademico. In molti Paesi, a partire dal nostro, l'idea di studiare i videogiochi in quanto prodotti culturali è ancora considerato un tabù, sottovalutando l'importanza che tale mezzo ha oramai raggiunto all'interno della società contemporanea al pari dell'arte, del cinema o di qualsiasi altro prodotto culturale. Eppure, sembra che finalmente tale tendenza si stia lentamente affievolendo, restituendo al medium videoludico quella dimensione artistica e culturale di cui è stato privato per lungo, troppo tempo. E, difficile a crederlo, anche in Italia.

Nell'ambito dell'iniziativa "Fuori Milan Games Week" - che ha anticipato di pochi giorni l'inizio della Milan Games Week, in corso da domani 24 ottobre fino a domenica 26 - si è tenuta ieri, presso l'Università degli Studi di Milano, un'interessante tavola rotonda sul tema Valiant Hearts: The Great War - La Storia si mette in (video)gioco, un'importante retrospettiva dedicata all'ultima sorpresa che Ubisoft Montpellier ci ha riservato la scorsa estate, e a cui anche noi di Gamereactor abbiamo offerto un ampio spazio, non solo con la nostra recensione, ma anche con un opportuno approfondimento. Nel corso di questo incontro - moderato dal Vice-direttore di Zero ed esperto di cultura videoludica, Emilio Cozzi - gli sviluppatori Yoan Fanise e Simon Choquet-Bottani di Ubisoft Montpellier hanno avuto la possibilità di raccontare la loro esperienza nello sviluppo di questo videogioco molto particolare, uscito quasi in concomitanza con il centenario della Prima Guerra Mondiale, e a dibattere sul tema in compagnia di alcuni docenti del noto Ateneo meneghino.

Valiant Hearts: The Great War

L'incontro è stata un'occasione di discussione sui temi più variegati, a partire dal concetto di attendibilità storica, che rappresenta senza dubbio uno dei capisaldi di Valiant Hearts: The Great War. Come raccontato dagli stessi sviluppatori, anche se i personaggi raccontati nel gioco sono assolutamente fittizi, questi sono tutti ispirati a documenti e a storie di persone reali, che hanno vissuto per davvero il dramma della Prima Guerra Mondiale. Il lavoro di ricerca sotteso a Valiant Hearts è stato tutt'altro che approssimativo: grazie anche all'aiuto di due associazioni, Mission Centenaire (un'organizzazione che si sta occupando della celebrazione del centenario del Primo Conflitto Mondiale) e Apocalypse - La 1ere Guerre Mondiale (uno studio che ha realizzato documentari sulla Grande Guerra, grazie ad immagini di repertorio e documenti dell'epoca), il team di Ubisoft Montpellier ha cucito insieme storie di vita vissuta, immagini reali, documenti storici, per far sì che il prodotto finale fosse non solo un gioco da portare a termine, ma principalmente un archivio digitale di informazioni risalente all'epoca, che permettesse ai giocatori di incuriosirsi e magari approfondire un periodo storico poco affrontato anche da un punto di vista mediatico.

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Incuriosire il giocatore e spingerlo a documentarsi. Una sfida all'apparenza impossibile, ma che ha trovato il giusto compromesso non solo grazie al medium per eccellenza che "parla" alle nuove generazioni (il videogioco, appunto), ma anche attraverso la scelta di uno stile artistico particolare. L'obiettivo di Ubisoft Montpellier non era quello di realizzare l'ennesimo titolo di guerra, quanto piuttosto un titolo sulla guerra, raccontato attraverso gli occhi delle persone comuni, mandati al fronte senza aver mai sparato un colpo in vita loro e costretti ad abbandonare le proprie case, senza alcun certezza del ritorno. Dati i toni profondamente drammatici inisiti nella storia che racconta, Valiant Hearts: The Great War ha prediletto lo stile del fumetto, volto principalmente ad "alleggerire" i toni, con il puro scopo di avvicinare il giocatore alla vicenda e non di allontanarlo.

Valiant Hearts: The Great War

Una scelta analoga è stata fatta anche in merito al gameplay pensato per il titolo: non un FPS, non uno strategico. L'obiettivo di Valiant Hearts era quello di raccontare in primo luogo una storia, la Storia, e quale migliore scelta se non il genere dell'adventure/puzzle? A quanto raccontano i due sviluppatori, il team non voleva puntare l'attenzione sulla violenza - un aspetto quasi imprescidibile nei tanti titoli di guerra che scopriamo spesso sulle nostre console - quanto piuttosto su un approccio di tipo psicologico, che si facesse veicolo delle forti emozioni suscitate dal racconto, di per sé di grande impatto, alla base del gioco. Una scelta, a nostro avviso, che ben si sposa con i temi di fondo del gioco, proprio perché non permette "distrazioni" dall'obiettivo principale di Valiant Hearts, ossia raccontare la Grande Guerra attraverso gli occhi della gente comune.

Ed è su questa scelta che il prof. Alfredo Canavero - docente di Storia Contemporanea presso l'Università degli Studi di Milano, impegnato in progetti di didattica sulla Prima Guerra Mondiale al Dipartimento di Studi Storici dell'Ateneo - ha rintracciato la grande forza di questo prodotto. La scelta di non raccontare la Guerra attraverso le sue battaglie, ma preferendo piuttosto il racconto di vite normali stravolte dal Primo Conflitto Mondiale, è stata senza dubbio una mossa coraggiosa, ma al contempo interessante. Anche da un punto di vista storico, il Professore ha riconosciuto il valore dell'opera di Ubisoft Montpellier, non solo grazie all'aggiunta dei tanti documenti reali che costellano il gioco sotto forma di collezionabili, ma anche per il racconto di episodi poco conosciuti ai più (come la "Cacciata dei Tedeschi" da Parigi e dalla Francia, che apre il gioco). Come conferma l'esperto, Valiant Hearts: The Great War si rivela un ottimo prodotto didattico, che permette di accedere ad informazioni storiche anche a chi non è interessato a leggere libri sull'argomento. E se lo dice l'esperto, chi siamo noi per contraddirlo?

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Valiant Hearts: The Great War

Nato quasi come "passatempo per la pausa pranzo", Valiant Hearts: The Great War si è rivelato, ancora una volta e anche alla luce di questo dibattito, un prodotto che va ben oltre il semplice "giochino" narrativo. E' un prodotto capace di raccontare la Storia, attraverso uno dei medium più democratici esistenti nella società contemporanea, senza tuttavia sminuirne il contenuto. L'incontro in un'aula magna di un'Università prestigiosa è la riprova che il medium videoludico è ben lungi dall'essere solo puro intrattenimento, quanto piuttosto una forma d'arte necessaria, che utilizza un proprio linguaggio specifico, ma che è pienamente capace di veicolare messaggi profondi, proprio come un libro, un quadro o un film d'autore.

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